Click 31 – Il biglietto del bus
- 2 Dicembre 2018
Ogni tanto compro un biglietto “pluricorse” per il bus: lo uso soprattutto quando devo andare a prendere il treno e preferisco il bus all’auto per andare in centro. E’ pratico: può essere utilizzato per 10 viaggi e non ingombra nel mio portafogli. Ovviamente, devo ricordarmi di timbrarlo.
Timbrarlo? E’ questo il termine corretto?
Ricordo di aver letto a Napoli vicino alle fermate dei bus un cartello con la scritta “VIDIMARE, QUANT’E’ BELLO”, che parodiando il primo verso di “Torna a Surriento”, invitava a timbrare il biglietto. La trovata mi è piaciuta… non so se l’invito è stato ascoltato dai napoletani, che pare non provino tanto piacere ad autenticare il documento di viaggio.
A Torino una pubblicità decisamente più moderna invita invece a “bippare”.
A Trieste ricordo gli spettacoli di Luciano Bronzi, conducente di bus di giorno e cabarettista di sera (mitiche le sue partecipazioni a “La sai l’ultima?”), il quale spesso citava il verbo “obliterare”, usato secondo lui solo nei regolamenti delle aziende di trasporti al posto di altri verbi più intuitivi, che provocava imbarazzo alle viaggiatrici quando si sentivano chiedere “Signora, lei oblitera regolarmente?”. In realtà non si “oblitera”, in quanto il verbo significa, dal latino ob-littera, “cancellare le lettere”, mentre invece si aggiungono lettere e cifre, quelle della timbratura dell’apparecchio presente in tutti i bus.
Sembra che non mi va bene niente, perché avrei qualcosa da dire anche sulle “operazioni di controlleria”, come vengono annunciate nei treni alla partenza. Anche se il vocabolo è presente sui vocabolari, mi suonava meglio “operazioni di controllo”.
Ora che ho parlato dei biglietti e della vidimazione nei suoi vari aspetti, non mi resta che parlare dei portoghesi, cioè, lo sappiamo tutti, quelli che dovrebbero comprare il biglietto, e non lo fanno. Ma è un termine sbagliato. L’origine del termine risale al 1732: viene inaugurato il Teatro Argentina dall’Ambasciata del Portogallo presso lo Stato Pontificio, e per l’occasione si organizza un rinfresco per tutti i cittadini portoghesi residenti a Roma. Non si fa in tempo a stampare gli inviti, e quindi basta dichiararsi “portoghese” per entrare gratis. Molti romani però si dichiarano portoghesi e accedono, senza averne diritto, al rinfresco. Quindi “portoghese” è chi entra gratis, ma avendone diritto, e non, come si intende a volte, chi si infila in una festa o utilizza un mezzo pubblico senza il biglietto.
Ma… a Lisbona, i biglietti li timbrano, li vidimano, li bippano, li obliterano o non li usano affatto?